Libertà di stampa

Libertà di stampa

Articolo 21 della Costituzione italiana

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni

 

La censura nell’URSS

Il nuovo regime, nato dalle ceneri dell'impero zarista, era arrivato al potere approfittando della fragilità e dell'inefficienza politica del governo provvisorio. Nessuno si aspettava che i bolscevichi potessero prendere le redini del paese. Lo stesso Lenin non era fiducioso nel buon esito della rivoluzione. Appena arrivati al potere, i bolscevichi si adoperarono per assumere il controllo della stampa avversa, con una repentinità che sorprese tutti, anche alcuni membri del partito come Zinov'ev e Kamenev, che minacciarono addirittura di abbandonare il Partito. Ma Lenin sapeva benissimo che l'arma della carta stampata era troppo importante per rinunciarvi: non si poteva permettere alle forze borghesi, monarchiche e liberal-conservatrici di screditare e calunniare tramite il mezzo stampa un governo appena insediatosi che ancora non aveva avuto il tempo di mettere solide radici, e che dunque era ancora esposto a possibili ribaltamenti di fronte. I primi sequestri di giornale e i primi provvedimenti contro gli editori sgraditi si verificarono senza indugio, e il primo decreto sulla stampa fu ratificato già il 27 ottobre (calendario giuliano). È da tale documento che si può far iniziare la storia della censura sovietica. Durante la fase del «comunismo di guerra» e della Guerra Civile l'editoria russa si trovò in una fase di stallo, bloccata com'era dalla carenza di carta, dalla terribile involuzione economica del paese e dalla nazionalizzazione o municipalizzazione dei centri tipografici e del mercato librario. In tale periodo la censura fu esercitata più che altro dal Gosizdat, ovvero le Edizioni di Stato, che fece da tramite tra il Commissariato agli approvvigionamenti e le case editrici sopravvissute agli eventi nella gestione della carta e nella concessione degli striminziti sussidi statali. Con un decreto del 21 giugno del 1918 fu instaurata la censura militare che di fatto, con la scusa di proteggere i segreti militari e di non rendere manifeste le manovre politiche del Partito, supervisionò la produzione e la diffusione degli organi periodici, filtrandone le notizie. Tra il 1917 e il 1921 le case editrici private, seppur non ufficialmente proibite, si ridussero esponenzialmente. Esse trovarono nuova linfa con la Nuova Politica Economica, che ridette slancio all'imprenditoria privata. Il Partito, dopo i cattivi risultati editoriali del Gosizdat e la rifioritura del mercato privato, il 6 giugno del 1922 creò il Glavlit, la “Direzione generale per gli affari letterali ed editoriali”. Esso nacque soprattutto per ridare ordine all'apparato censorio, che ancora non aveva una struttura e una gerarchia ben definite. Prima della creazione del Glavlit il controllo della carta stampata fu spartito tra più enti e dipartimenti, tra cui il Politotdel (dipartimento politico) del Gosizdat, i comitati agitprop (agitazione e propaganda) e quelli politprosvet (educazione politica). Nel 1922, oltre al Glavlit, nacque la Gpu, che ereditò le funzioni della Čeka come organo poliziesco. Essa divenne il braccio armato del Glavlit, inaugurando un binomio che purtroppo diventerà tipico del sistema censorio sovietico degli anni a venire. Le decisioni in ambito censorio provenivano sempre dall'alto, su disposizione degli organi supremi del governo comunista come il Sovnarkom, il Comitato Centrale del Partito o il Politbjuro. Nel febbraio del 1923 fu creato il Glavrepertkom, l'equivalente del Glavlit in campo teatrale. Tra il 1922 e il 1925 uscirono numerosi decreti e risoluzioni che perfezionarono il funzionamento del Glavlit, ottimizzandone l'efficienza. In pratica il Glavlitsi occupò della lotta al misticismo, alle tendenze contro-rivoluzionarie e borghesi in letteratura, alle deviazioni politiche, al monarchismo, all'intelligenza reazionaria, alla letteratura d'emigrazione ecc., insomma, combatté con tutti i mezzi disponibili contro tutto ciò che metteva in pericolo la stabilità del Partito e la supremazia del proletariato. La questione censoria si intrecciò con i problemi della letteratura e con i dibattiti sortì tra i vari gruppi letterari dei primi anni Venti a proposito della linea politica del partito in campo letterario. La diatriba vide protagonisti tra tutti il critico letterario Voronskij da una parte, un mecenate dei «compagni di strada», e dall'altra i napostovcy, che credevano che l'arte dovesse riflettere la lotta di classe e il volere del Partito. Alla fine la spuntò Voronskij, la cui rivista, Krasnajanov' (Terra vergine rossa), promosse la diffusione di una letteratura che privilegiasse il valore artistico di un opera piuttosto che il suo contenuto politico. Con la risoluzione del 1°luglio Sulla politica del partito in campo letterario, nonostante le insistenti richieste dei napostovcy per la concessione del monopolio delle arti sovietiche, il governo scelse la linea del non-interventismo e lasciò che i vari gruppi letterari continuassero le loro politiche letterario-editoriali senza restrizioni, naturalmente nel pieno rispetto delle autorità e dell'ideologia comunista.

Con Nicola I il sistema censorio raggiunse un'efficienza e una rigorosità mai riscontrate prima, grazie anche all'aiuto indefesso della “Terza Sezione”, la prima polizia segreta russa. Il periodo che va dal 1848 al 1855 fu denominato l'«epoca del terrore della censura», a testimonianza delle repressioni e delle punizioni a cui furono sottoposti i letterati e gli editori avversi al regime.