L'illuminismo, appunti di letteratura

L’età della ragione

Il Settecento viene anche designato come ‘età della ragione’, segna la fine dei modelli politici e culturali tradizionali. Dal punto di vista politico, si apre con il dominio di Re Sole e si chiude sulle prime vittorie di Napoleone Bonaparte, che diffondono in tutta Europa i principi della Rivoluzione francese (1789), liberté, égalité, fraternité.

L’indagine intellettuale si ispira a due modelli fondamentali: la ragione e la natura.

Si afferma un ideale cosmopolitico (‘di chi si considera cittadino del mondo’). Questo ideale è ben rappresentato dalla scuola giusnaturalistica (‘di diritto naturale’), che mira all’individuazione dei bisogni e dei diritti fondamentali e ‘naturali’ dell’uomo, a qualunque paese, cultura o ceto appartenga.

L’illuminismo

Si definisce Illuminismo quel momento, che si sviluppa in Europa nella seconda metà del Settecento, che ha come scopo quello di lottare contro i residui irrazionali perduranti nella vita politica, economica, sociale, morale, intellettuale e contro l’ignoranza e i pregiudizi, le superstizioni che valgono a perpetuarli. La loro arma in questa lotta è la ragione, gli illuministi pensano che basti diffondere i ‘lumi’, i principi razionali, per spazzare via le cause di oppressione o infelicità degli uomini.

Il termine “illuminismo”, come suggerisce il nome, deriva dall’immagine della luce che caccia via le tenebre dell’ignoranza e del pregiudizi. In Francia si chiama Age des lumières, in Inghilterra Englightenment e in Germania Aufklarung.

Sapere aude! ‘Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza.’

Kant

Questo è il loro motto.

 

Cosmopolitismo, filantropismo, deismo

Il fatto che gli illuministi siamo aperti verso ‘l’altro’ è dovuto alla convinzione che la ragione sia una prerogativa presente in tutti gli uomini. Questa concezione è detta ‘cosmopolitismo’: l’uomo razionale è cittadino del mondo.

Al cosmopolitismo sono affiancati i concetti di filantropismo, cioè la disponibilità ad amare e a soccorrere gli altri uomini, in quanto tutti egualmente portatori di ragione, e lo spirito di tolleranza verso gli altri, verso le loro opinioni e posizioni, per quanto diverse o addirittura opposte.

La religiosità, per gli illuministi, deve scaturire dal convincimento razionale: l’idea della divinità si manifesta naturalmente alla ragione dell’uomo, non alla sua fede. Dio è inteso come l’Essere Supremo regolatore del mondo: è la posizione che viene definita deismo.

 

Il sensismo

La tendenza a privilegiare le sensazioni e i sentimenti si instaura a partire dalla seconda metà del secolo quando il razionalismo è corretto dal sensismo. La filosofia sensista riconduce ogni contenuto e atto del conoscere all’esperienza sensibile, quella che allora veniva chiamata “natura”; l’esperienza è anche il criterio di verità per cui idee o teorie che non si fondino su questa, come teologia e metafisica, non producono alcuna verità. È la teoria fondante dell’Illuminismo con cui si rivendicavano i fondamenti materiali e naturali del vero, contro ogni forma di dogmatismo imposto dall’alto.

 

L’illuminismo in Francia

 

Il modello inglese

Dopo il regno di Re Sole ci sono ancora freni nello sviluppo, questo portò diversi intellettuali e illustri pensatori a intraprendere viaggi nel resto dell’Europa per conoscere, confrontandoli con con il proprio, altri sistemi sociali e di governo. La politica progressista della monarchia inglese divenne il modello a cui gli illuministi francesi si rifecero nelle loro riflessioni. Rilevanti sono gli scritti storico-politici di Voltaire, Montesquieu e Rousseau, che segnano una svolta decisiva nella concezione dello Stato e prospettano riforme tese a garantire una maggiore libertà dell’individuo nel rispetto del bene comune dell’intera cittadinanza.

L’enciclopedia e il philosophe

Nasce il philosophe, intellettuale e letterato che allarga il proprio campo di indagine a ogni settore della conoscenza umana, mosso da un’idea di cultura che esce dall’erudizione per diventare strumento concreto a vantaggio dell’utile sociale. Questi presupposti presero corpo nell’opera divenuta simbolo dell’Illuminismo, l’Enciclopedia, voluta da Diderot.

La conoscenza non è più appannaggio dei soli eruditi, e si avventura in ambiti fino ad allora inesplorati.

 

Il romanzo filosofico

È il caso del Candido o l’ottimismo di Voltaire e delle Lettere persiane di Montesquieu.

 

Voltaire

Nacque a Parigi nel 1694 da una famiglia di avvocati e di magistrati; venne educato dai Gesuiti, noti per la buona formazione che donano ai loro studenti.

Venne incarcerato per avere osato sfidare a duello un nobile, fu liberato a patto di lasciare la città: visse tre anni a Londra, apprezzandone il progresso, la società inglese era più civile.

La pubblicazione delle Lettere filosofiche (o Lettere sugli inglesi), in cui elogiava la tolleranza politica e religiosa che regolava la vita inglese, gli costò, al suo rientro in patria, un mandato di cattura. Si rifugiò dall’amica Madame de Chatelet, nel 1750 fu ospite di Federico II di Prussia.

Questi erano anche detti sovrani illuminati poiché si facevano consigliare.

Voltaire non tace la condanna dei danni dell’autoritarismo e dell’intolleranza religiosa. Ricordiamo tra le sue opere il Trattato della Tolleranza (1763). Tra i romanzi Candido o l’ottimismo.

 

Riassunto di Candido o l’ottimismo

Nel castello di Thunder-ten-tronckh il filosofo Pangloss educa il giovane Candide alle massime “cosmoteologo-scemologiche” del filosofo Leibniz secondo il quale “tutto va nel migliore dei modi”. Innamorato di Cunegonda è cacciato dal castello e accumula esperienze che non paiono confermare quanto ha appreso. Arruolato a forza e sfuggito per puro miracolo alla morte, incomtra il maestro ad Amsterdam e apprende che il castello è stato saccheggiato e tutti gli abitanti sono stati uccisi. A Lisbona, rasa al suolo dal terremoto, i due sfuggono per poco alla condanna a morte; Candide ritrova e libera Cunegonda, vittima degli abusi di un giudeo e del Grande Inquisitore, che ne hanno fatto la loro amante. Seguono avventure mirabolanti che portano Candide ad attraversare l’America intera e a toccare, nel suo inseguimento di Cunegonda, Parigi, Londra, Venezia e Costantinopoli. Qui il protagonista ritrova Pangloss e Cunegonda, divenuta nel frattempo brutta e noiosa. La sposa e l’intera campagna si stabiliscono in una fattoria sulle sponde del Bosforo.

 

Montesquieu

Ricordiamo le il romanzo epistolare, le Lettere persiane e il trattato sullo Spirito delle leggi.

 

Le lettere persiane

In questo romanzo epistolare, l’autore dà corpo a un’immaginaria corrispondenza che due persiani in Francia, il saggio e coraggioso Usbek e il giovane amico Rica, scambiano con i loro compatrioti. Il punto di vista ‘straniato’, cioè estraneo al contesto, offre un efficace quadro critico della società e dei costumi francesi del tempo.

Alle lettere che si scambiano i due personaggi si intrecciano quelle che Usbek scambia con le mogli rimaste in patria e con gli eunuchi che le custodiscono. La tragica conclusione - la moglie prediletta, Rossane, offesa dalla crudeltà dell’abbandono e dall’atmosfera di sospetto che l’istituzione stessa dell’harem presuppone, lo tradisce e si uccide per salvare la propria dignità e proclamare la necessità della libertà – sottolinea l’urgenza della ridefinizione della morale sessuale e coniugale, dell’instaurarsi di nuovi rapporti tra uomini e donne, e dimostra la tragica inutilità di ogni forma di tirannia.

 

Rousseau

Rousseau nacque a Ginevra nel 1712 da una famiglia ugonotta (protestante). Orfano di madre e abbandonato dal padre, a sedici anni lasciò Ginevra per un lungo viaggio, Dopo un soggiorno a Torino, su esempio della sua protettrice, la baronessa de Warens, si convertì al cattolicesimo. Dopo un periodo di vagabondaggio raggiunse la baronessa a Chambéry divenendone l’amante. Intraprese su suo consiglio le letture di Voltaire, Locke e Cartesio. Il rapporto con la baronessa si concluse nel 1738. Rousseau si trasferì poi a Lione e quindi a Parigi, dove conobbe Condillac, d’Alembert, Diderot e Voltaire; ne derivò una collaborazione all’Enciclopedia. Citiamo un opera fatta nel periodo di serenità a Montmorency dal 1756: Giulia o la nuova Eloisa.

Nel discorso sulle scienze e sulle arti sostiene che arti e scienze nascerebbero da un progressivo snaturamento della sensibilità primitiva e originale dell’uomo. Qui emerge la critica alla nozione illuminista di “progresso”, centrale nell’opera. L’evoluzione storica allontanerebbe l’uomo dallo “stato di natura” che gli è proprio, nel quale la sensibilità, non ancora smorzata dal linguaggio, assicura un rapporto pieno e diretto tra uomo e realtà naturale.

Il Discorso sull’origine e il fondamento della disuguaglianza tra gli uomini propone un’interpretazione profondamente innovatrice del mito del “paradiso perduto”. L’uomo ha perduto il suo antico “stato di natura”: su questo presupposto Rousseau giudica gli esiti dell’evoluzione storica dell’organizzazione sociale e politica come un processo inesorabile di decadenza, iniziatosi con l’avvento della proprietà privata.

Quando nasce questa parte la decadenza.

Il processo ha condotto poi all’organizzazione sociale, che ha allargato la disuguaglianza tra gli individui.

Nel Contratto sociale, Rousseau identifica in un nuovo accordo tra ricchi e poveri, reso possibile dagli insegnamenti di una corretta educazione, l’unico strumento che permetterà la ridistribuzione delle ricchezze, ristabilendo condizioni di vita autenticamente umane. Queste posizioni radicali allontanano via via Rousseau dall’Illuminismo ottimistico dei suoi colleghi enciclopedisti.

Dopo la rottura con Voltaire e Diderot, Rousseau pubblica il suo saggio più famoso, Emilio o dell’educazione, dove dimostra a quale indebolimento vengano sottoposte le energie originarie del bambino da parte di un’educazione “civile”, tesa a modellare la sensibilità dei giovani per predisporli ad accettare come “maturale” il sistema di vita alienato che regge la società moderna. Il romanzo è il primo ad affrontare la psicologia del bambino e dell’adolescente, privilegiando il punto di vista dell’allievo rispetto a quello dell’insegnante. Egli condiziona il processo di apprendimento agli interessi e alle caratteristiche individuali del bambino.

I rapporti sociali derivanti da una corretta educazione sono le basi su cui fondare quella società di cui il Contratto sociale aveva poco prima delineato le caratteristiche salienti: essa deve nascere da una convenzione tra uomini liberi, dei quali nessuno accetta o pratica la sopraffazione, ma concorre a creare quella “volontà generale” in base alla quale ognuno può liberamente disporre dei frutti del proprio lavoro, nel rispetto del bene comune.

Il concetto che vuole dare Rousseau è il seguente: L’uomo è naturalmente buono, è la società che lo corrompe. Per cambiare una società bisogna puntare all’educazione dell’individuo.

 

L’illuminismo in Italia

La cultura nazionale era ancora profondamente segnata dall’influenza controriformistica e le istanze della nascente borghesia si scontravano con le resistenze di una società in cui l’aristocrazia e il clero erano sempre molto influenti.

Nella Milano austriaca si realizza un felice confronto, il gruppo di pensatori che animano la vita culturale della capitale lombarda gravita dapprincipio intorno all’Accademia dei Pugni, poi alla rivista “Il Caffè”, fondata da Pietro e Alessandro Verri. Con il contributo del filosofo e letterato Cesare Beccaria divenne il principale strumento di diffusione del pensiero illuministico italiano.

Ricordiamo lo scritto di Beccaria Dei diritti e delle pene.

“Il Caffè”, nato a imitazione del modello giornalistico inglese, diventa la cassa di risonanza delle posizioni più avanzate della nuova cultura, promuovendo un’apertura cosmopolitica e spaziando in ogni campo della conoscenza umana.

 

Cesare Beccaria

Nacque a Milano, studiò a Parma presso i Gesuiti e si laureò in Legge a Pavia. Il matrimonio con Teresa Blasco, di umili origini, gli costò uno scontro con i genitori. Dall’unione nacque Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni. Beccaria lesse con interesse i testi degli illuministi francesi (in particolare Le lettere persiane di Montesquieu).

Il saggio Dei delitti e delle pene fu scritto sulla scia di animate discussioni con i fratelli Verri. L’opera non dimostrava soltanto le barbarie dei sistemi inquisitoriali e carcerari del tempo, ma poneva la questione fondamentale del fine della pena; annullava la tradizionale identificazione tra peccato e reato e collegava in modo estremamente persuasivo qugli orrori con la struttura stessa dello Stato tradizionale e il dispotismo che questo realizzava nelle istituzioni e nelle istituzioni e nelle sue modalità di intervallo.

Le indicazioni di Beccaria furono recepite dall’imperatrice Caterina II di Russia nella riforma del sistema giudiziario russo; il testo circolò in tutta Europa, sollevando un fermento di adesioni.

La pena di morte serve solo per impedire al condannato di fare altri danni.