Imperatori di Roma

Tiberio

Alla morte di Augusto il potere passò al figlio adottivo Tiberio. Egli era l’ultimo rimasto di una serie di eredi designati da Augusto nel corso del suo lungo regno, che però erano tutti morti in giovane età. Tiberio era nato dal primo matrimonio della moglie di Augusto, Livia, con Claudio Nerone; egli apparteneva quindi alla gens Claudia, da cui trasse il nome la dinastia “Giulio-Claudia” (che derivava appunto dalla fusione della gens Iulia con la Claudia).

Per stringere ulteriormente i legami con la famiglia imperiale, inoltre, gli era stata data in sposa la figlia di Augusto, Giulia, nota nella società romana per le sue scandalose avventure amorose e per una vita tanto immorale che l’austero Tiberio si era separato da lei e si era ritirato per qualche tempo a Rodi in volontario esilio. Tiberio era stato un coraggioso soldato e si era reso benemerito nelle guerre contro i Germani.

Le fonti antiche lo presentano come un personaggio piuttosto schivo, crudele e insofferente del mondo; secondo la definizione di un suo maestro di retorica, il greco Teodoro, egli era “fango impastato con sangue”. Rimasto senza altri eredi, dunque, Augusto poco prima della sua morte lo aveva richiamato in patria e lo aveva nominato suo successore, raccomandandolo al Senato nel suo testamento. Il passaggio dei poteri, preparato per tempo, avvenne senza scosse: Tiberio si presentò in Senato dichiarando di voler rinunciare a tutte le cariche e ritirarsi a vita privata, ma fu acclamato imperatore e “costretto” ad assumere i poteri che erano stati di Augusto. Come scrive con disprezzo Tacito (Amali 1), “a Roma consoli, senatori, cavalieri si precipitarono a gareggiare in servilismo”.



La politica di Tiberio fu all’inizio abile e prudente, rispettosa delle prerogative del Senato. Ai confini settentrionale egli inviò un suo nipote Germanico, che in una serie di campagne militari sconfisse ripetutamente i Germani (14 – 16 d.C.), li inseguì oltre il Reno e scongiurò per lungo tempo il pericolo rappresentato dalle loro incursioni: Tiberio però decise di non proseguire oltre e di non tentare quindi una nuova occupazione di quelle regioni, anche perché la grandissima popolarità di Germanico lo insospettiva. Germanico fu allora inviato in Oriente a fronteggiare i Parti, dove però morì improvvisamente (19 d.C.): a Roma, perciò, nacque il forte sospetto che fosse stato avvelenato per ordine dello stesso Tiberio, infastidito dalla sua enorme fama.



Da questo momento la popolarità di Tiberio, già non elevata, crollò definitivamente e di conseguenza il suo atteggiamento si fece più sospettoso. Una serie di processi per la lesa maestà portarono alla morte molti familiari di Germanico (compreso la moglie Agrippina, detta “Maggiore”, anch’essa discendente da Augusto) e molti altri oppositori politici. Successivamente Tiberio lasciò Roma (26 d.C.) per stabilirsi nella sua lussuosa villa di Capri, abbandonando Roma nelle mani del prefetto del pretorio Seiano, che aveva astutamente conquistato la sua fiducia. Ma quando fu chiaro che Seiano aspirava al trono, Tiberio lo fece arrestare e mettere a morte, insieme a famigliari e sostenitori (31 d.C.). L’ultimo periodo del regno di Tiberio fu parimenti segnato da una durissima repressione contro veri o presunti nemici politici.



Gli storici antichi hanno tramandato un giudizio molto critico su questo imperatore; nel complesso, però, il suo principato fu positivo: egli lasciò ai suoi successori uno Stato in buone condizioni finanziarie, con le frontiere tranquille e con un potere centrale ormai consolidato.

Caligola

Prima che Tiberio abbandonò l'incarico di imperatore, adottò due figli: Tiberio e Caio (che sarebbe appunto Caligola, soppranome preso dalla caliga, la calzatura che indossava da quando accompagnava il padre biologico nelle spedizioni in Germania).



La scelta di Caligola come nuovo imperatore non fu scelta da Tiberio, bensì dal Senato affiancato dai pretoriani.La scelta di Caligola è stata fatta perchè entrambi speravano di poter controllare facilmente Caligola per la sua giovane età.



Invece lui impose già da giovane un regime dispotico incentrato sulla divinizzazione della sua personalità. La divinità che lui stesso aveva creato era quella simile ad un dio della guerra, in quanto compiette numerosi atrocità nei confronti del popolo e pretendeva che tutti, senato incluso, si inginocchiasse al suo cospetto (atteggiamento tipico dei sovrani orientali come Alessandro Magno). Possedeva inoltre un notevole disprezo per le istituzioni politiche, e da qui poi deriva il fatto che,probabilmente, Caligola nominò senatore il suo cavallo.



Ovviamente questo carattere non piaceva al popolo, che rispose con una forte opposizione anarchica (e in tutte le classi sociali), causando di conseguenza un forte dispotismo, che culminerà con una durissima repressione contro ogni oppositore (vero o presunto), che portò alla morte di migliaia di innocenti.



Alla fine, Caligola verrà ucciso a sua volta da una congiura nel 41 d.C., organizzata da senatori, pretoriani e cavalieri.

 

Claudio



Claudio regna dal 41-54 d.c. , secondo la leggenda quando gli annunciarono che sarebbe diventato Claudio fu trovato in un tendone temendo di essere ucciso dai congiurati dell’imperatore precedente (Caligola, suo nipote).

Claudio tra l’altro, all’inizio fu considerato da Tiberio un incapace ma quando salì al trono dimostrò di essere un buon imperatore (sale avendo già 54 anni) purtroppo fu vittima delle ambizioni sfrenate delle sue due mogli:

Messalina, donna dai costumi dissoluti e con molti amanti.Da lei l'Imperatore ha due figli Ottavia e Brittanico.

Agrippina, aveva già un figlio, Lucio Domizio Nobardo, che costringerà in seguito Claudio ad adottare e che successivamente si chiamerà Nerone.



Politica interna

- Ristrutturò l’impero con funzioni e uffici creando una burocrazia imperiale. Divide l’impero in quattro settori:

1. Segreteria ufficiale che si occupa di raccogliere l’esito dei lavori di tutti gli uffici;

2. Settore finanze;

3. Settore processi;

4. Settore delle suppliche: Decide di affidare questo potere ai liberti.

- Consentì ai personaggi di famiglie nobili di accedere al cursus honorum e alle magistrature romane.

- Potenziò la rete idrica.

- Risistemò il porto di Ostia.

- Prosciugò parzialmente il lago di Funcino(Abruzzo)

- Si occupò della religione(a quell'epoca si utilizzava la religione come “Instrumentum Regnus” cioè un o strumento per regnare )

Nel regno di Claudio troviamo una documentazione (dallo storico Sventonio, storico imperiale) in cui a Roma vengono espulsi dei Giudei capeggiati da un certo Cresto (abbiamo la prima forma anche se in modo più umano di una cacciata di cristiani)



Politica esterna:

Claudio riprese la conquista della Brittania e nel 43 d.c. riesce a conquistare la parte orientale; Cercò anche di ridimensionare il ruolo dei Parti e fu a capo di qualche piccola conquista nell’Asia Minore.



Claudio muorì nel 45d.c. per avvelenamento

 

Nerone

Nerone aveva appena diciassette anni, quando salì al trono. Allora egli subiva ancora l’influenza di sua madre Agrippina, ma soprattutto quella di due autorevoli esponenti della nobiltà senatoria, il prefetto del pretorio Afranio Burro e il filosofo Seneca. Seneca, in particolare, era il più prestigioso intellettuale dell’epoca: era stato dapprima esiliato all’epoca di Claudio, ma successivamente richiamato a corte come precettore di Nerone.Nelle personalità di Afranio Burro e Seneca anche il Senato vedeva una garanzia contro i rischi di un governo dispotico e per questo motivo favorì l’ascesa, all’impero del giovane. Ben presto però la situazione cambiò radicalmente; Nerone si emancipò da ogni tutela, liberandosi anzitutto della madre, che non esitò a far assassinare, istigato proprio da Afranio e Seneca; poco dopo mandò a morte anche la moglie Ottavia, mentre del fratellastro Britannio si era sbarazzato già in precedenza. Seneca poi fu congedato e si ritirò a vita privata: sarebbe infine morto suicida a seguito della congiura dei Pisoni.



Alla morte di Afranio dunque Nerone restò circondato solo da cortigiani fidati (tra i quali il prefetto del pretorio Tigellino, fedele esecutore dei suoi ordini criminali) e a questo punto prese anch’egli ad assumere, come già Caligola, atteggiamenti da sovrano assoluto. Questo comportamento, del resto, non era del tutto privo di fondamento: all’interno dei confini dell’Impero esistevano milioni di persone, specialmente nelle regioni orientali, le quali, per lunga tradizione, erano abituate a essere governate da un monarca assoluto, da venerare come un dio. Nel contrasto tra questa mentalità e la tradizione romana, si incarnava, dunque, il conflitto profondo tra quelle che potremmo definire le due anime dell’Impero romano.

Sul piano militare, Nerone trascurò l’Occidente e indirizzò la sua politica verso Oriente, dove conseguì un successo di prestigio contro i Parti, grazie all’azione del suo generale Corbulone; sempre in Oriente, inoltre, riuscì a imporre il protettorato di Roma sull’Armenia, regione strategicamente importante.



Nel corso del regno di Nerone si verificò il celebre e violentissimo incendio di Roma che semidistrusse la città (64 d.C.). Nerone tentò di far ricadere la colpa del misfatto sulla comunità cristiana, dando vita però a una dura repressione che causò la morte degli apostoli Pietro e Paolo. La voce popolare, avendo intuito il disegno dell’imperatore, sosteneva però che l’incendio fosse stato appiccato proprio per disposizione dello stesso Nerone: l’imperatore, infatti, approfittò della nuova situazione per innalzare nel centro della città una regia fastosa, estesa dal colle Palatino fino al Celio, con la quale si proponeva di celebrare e sottolineare il proprio ruolo di monarca assoluto. Si trattava della Domus aurea, “casa d’oro”.



Altri atteggiamenti anticonformisti di Nerone, in spregio alle antiche tradizioni aristocratiche, furono le sue esibizioni come auriga ai giochi olimpici e come attore e cantore: queste insolite performances, disprezzate dall’aristocrazia romana, esprimevano l’interesse per la cultura greca, di cui egli fu un ardente ammiratore; per questo motivo egli compì anche un lungo viaggio a scopo propagandistico in Grecia, alla quale concesse il beneficio di larghe esenzioni fiscali.



Durante l’ultimo periodo del suo regno, Nerone inasprì la repressione degli aristocratici che si opponevano al suo regime. Fu ordita, in particolare, una vasta congiura che faceva capo alla potente famiglia dei Pisoni; quando però il complotto fu scoperto, la reazione di Nerone diede luogo a un vero e proprio sterminio: tra le vittime vi furono personalità assai significative del mondo culturale, come il poeta Lucano, lo scrittore Petronio (arbiter elegantiarum, “principe di eleganza”) e lo stesso Seneca, costretti al suicidio (65 d.C.). Infine, facendo uccidere il più abile sospettato di essergli avverso, Nerone si inimicò anche i militari.



Nel 68 d.C., all’apice di questa situazione di malcontento, le legioni spagnole, comandate dall’anziano senatore Galba, si ammutinarono e proclamarono imperatore il loro comandante. La sommossa si estese a Roma e Nerone, ormai completamento isolato, dovette suicidarsi.

 

Vespasiano

Alla morte di Nerone a Roma esplose una violenta crisi; i soldati in varie zone dell’impero si arrogarono il diritto di eleggere l’imperatore.

In Spagna venne eletto Galba, le legioni del Reno designarono Vitellio, a Roma i pretoriani sostennero Ottone. Dopo duri scontri fra i tre, prevalse Vitellio, il quale regnò undici mesi, che gli furono sufficienti per sperperare il danaro delio Stato, bagordi e regali ai soldati ed ai suoi collaboratori.

Emerse, nel caos, Tito Flavio Vespasiano, un abile generale che si trovava in Oriente, e che venne acclamato imperatore dalle truppe.

Vespasiano marciò su Roma, eliminò Vitellio, ed assunse ii potere.

Trovava più di quattro miliardi di sesterzi di deficit ed un caos amministrativo; per giunta molte regioni dell’impero cercarono di profittare della situazione per ribellarsi. Vespasiano inviò il figlio Tito in Giudea, dove gli Ebrei si erano ribellati e, dopo un lungo assedio a Gerusalemme, la rivolta venne domata. Furono domate anche altre rivolte sul Reno e in Asia.

Vespasiano, per riportare ordine nel bilancio dello Stato, li ridusse al minimo le spese della corte e gli stipendi dei funzionari, poi riordinò tutto l’apparato statale, riportandolo al livello raggiunto sotto Claudio. L’imperatore riordinò anche l’esercito, sciogliendo intere legioni e riformandole daccapo. Realizzò anche grandi opere pubbliche, tra le quali il famoso anfiteatro Flavio, più noto con il nome di Colosseo.

 

Tito

Tito imperatore romano della dinastia Flavia regnò per poco più di due anni, dal 79 all’81 d.C., anno della sua morte.

Tito era nato il 30 dicembre del 39 d.C. Alla morte del padre Vespasiano nel 79 d.C., gli successe senza incontrare opposizioni.

Si era già fatto apprezzare durante il regno paterno per l’efficace repressione di una rivolta giudaica che aveva sconvolto la Palestina tra il 66 e il 70 d.C. (Prima guerra giudaica), durante la quale venne distrutto il Secondo Tempio di Gerusalemme.

Raffinato e generoso, l’imperatore Tito ebbe modo, appena salito al potere, di mostrare queste sue qualità sostenendo anche con ricchezze proprie, le popolazioni colpite dall’eruzione del Vesuvio del 79, che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia.

Neppure una condanna a morte si contò nel breve principato dell’imperatore romano Tito. I suoi modi accattivanti, il suo aspetto affascinante, la sua intelligenza vivace e duttile gli procurarono il consenso di tutti. Svetonio definì Tito “delizia del genere umano”; persino lo storico Tacito, mai tenero con gli imperatori, scrisse che il principato di Tito fu piuttosto «felice nella sua brevità».

Tito si occupò della costruzione di opere pubbliche, portando a compimento il Colosseo.

 

Domiziano

Morto per una malattia, successe a Tito suo fratello Domiziano, il cui regno fu molto più lungo (81- 96 d.C.); a differenza di Tito, come spesso accade nelle migliori famiglie, il carattere di Domiziano era chiuso ed autoritario: egli si fece chiamare dominus e deus, governando con un pugno di ferro. Domiziano fu un bravo amministratore: riprese la politica di riorganizzazione e di risanamento delle finanze dello Stato intrapreso dal padre, con lui iniziarono una serie di provvedimenti a favore dell’agricoltura italica, che ormai subiva la forte concorrenza della produzione provinciale (cereali, vino ed olio prima prodotti nelle ville rustiche ad impianto servile dell’Italia centro-meridionale cominciarono ora a provenire dalle provincie, già verso la fine del I secolo si cominciano a vedere i segni della crisi in cui le grandi aziende agricole italiane, fondate dall’aristocrazia senatoria nel corso del II secolo a.C.

 

Nerva, Traiano e Adriano

Nerva e Traiano: la conciliazione tra principato e libertà

Nerva --> Dopo la morte di Domiziano fu eletto l'anziano Nerva, appartenente ad una famiglia di senatori nobili. Il suo principato durò solo due anni e lui, provò, a riconquistare il favore del popolo tramite donazioni di denaro e la distribuzione di terre ai nullatenenti.

Cercò di ottenere anche l'appoggio dal Senato per esempio, liberando i prigionieri politici di Domiziano.

Traiano --> Ormai anziano, nel 97, Nerva decise di attuare una nuova mossa politica: adottare Traiano, generale militare, appartenente ad una famiglia di senatori Spagnoli e già governatore della Spagna superiore. In questo modo si poteva conciliare sia il desiderio dei senatori, sia l'aspirazione dell'esercito. Fu primo imperatore di origine provinciale e primo del principato adottivo.

Riprese una politica espansionistica verso la ricca Dacia e poi vers l'Oriente, soprattutto la zona del fiume Tigri (Mesopotamia, Assiria..).

L'epoca di Traiano fu un periodo di benessere economico, di concordia sociale e politica, di fioritura artistica e massima espansione dell'impero. Traino fu dunque il optimus princeps.



Il principato di Adriano

Alla morte di Traiano salì al potere Adriano, governatore della provincia di Siria. (rapporti di parentela tra Traiano e il nuovo principe).

Salito al trono a circa 41 anni Adriano continuò l'opera di rafforzamento delle strutture politiche, sociali e amministrative iniziate da Traiano.

Adriano rinunciò ad una politica estera aggressiva e di espansione a favore di una politica di difesa e pacifica, attuata mediante il consolidamento dei confini dell'impero.

Un esempio è il "vallo di Adriano", un'imponente muragli a difesa della Britannia romana, dagli attuali Scozzesi.

Questo comportò quindi anche una trasformazione nell'esercito romano: sotto Adriano i soldati potevano difendere i territori in cui erano stati reclutati, con un maggiore impegno e funzionalità.

Crebbe l'importanza delle provincie che Adriano decise di visitare largamente, e le opere urbanistiche come il Pantheon a Roma.

[Adriano e Traiano, come gli imperatori precedenti, si dedicarono in prima persona al mondo letterario: il secondo scrisse un testo sulla guerra in Dacia ed alcune poesie in greco e latino mentre Adriano pubblicò discorsi ed epistole]