La rivoluzione industriale inglese

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Rivoluzione industriale

Nel corso del XVIII secolo la Gran Bretagna trasse notevoli vantaggi dalla stabilità del suo sistema politico. La nuova classe dirigente rappresentava gli interessi dei ceti mercantili e imprenditoriali e favoriva lo sviluppo della libera iniziativa.

Queste tendenze furono determinanti nell'agricoltura dove, grazie al sistema delle enclosures, il processo delle terre si concentrò nelle mani di pochi proprietari, i quali introdussero nuove tecniche e sistemi di coltivazione innovativi e soprattutto più produttivi. La quadruplice rotazione portò all'aumento delle rese agricole e favorì l'integrazione con l'allevamento.

Queste trasformazioni, insieme al declino delle malattie infettive e il miglioramento della dieta, determinarono un sensibile aumento della popolazione.

L'economia britannica trasse grandi benefici dall'inventiva di brillanti operai e artigiani. Così, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, una serie di invenzioni creò le condizioni per quella che sarebbe stata definita la Rivoluzione industriale.

Uno dei pilastri di questa rivoluzione fu la macchina a vapore, inventata da Thomas Newcomen e perfezionata da James Watt, che permetteva di trasformare l'energia termica in energia meccanica.

Un settore che si rinnovò del tutto fu quello della produzione tessile dove, accanto alla lana, fu introdotto in maniera massiccia il cotone, di cui la Gran Bretagna divenne grande produttrice. La crescita del comparto tessile e il sempre maggior ricorso della macchina a vapore, fecero da traino per un più ampio sviluppo industriale che tra '700 e '800 rese Londra il centro dell'economia e della finanza mondiale.

La Rivoluzione industriale determinò la radicale trasformazione del sistema lavorativo. La fabbrica, concentrando macchine e operai in un unico luogo, richiedeva grandi investimenti ma consentiva un controllo continuo sulla forza lavoro e sui processi di produzione. L'espansione del sistema di fabbrica causò una massiccia e disordinata crescita delle città industriali, con la  formazione di estesi sobborghi, dove si ammassavano, in case improvvisate e malsane, le famiglie degli operai. Nelle fabbriche uomini donne e anche bambini venivano sfruttati e mal pagati e sin dagli ultimi decenni del Settecento iniziarono a manifestarsi accese discussioni di dissenso contro il nuovo sistema di lavoro.

Le severe misure adottate dal parlamento britannico non fermarono le proteste e nel primo ventennio dell'Ottocento il paese fu attraversato da una vasta ondata di rivolte, spesso represse nel sangue.

L'industrializzazione finì per creare una sempre più grande distinzione tra la borghesia capitalista e il proletariato, così chiamato perché la sua ricchezza era costituita esclusivamente dalla prole da avviare a lavoro. 

Nel corso del XIX secolo, per far valere i propri diritti, il proletariato industriale iniziò a organizzarsi per dare vita ad associazioni sindacali e politiche che sarebbero diventate protagoniste della storia occidentale.